Una soluzione ottimale, per quanto riguarda la vita, tiene conto della massima sopravvivenza per qualsiasi cosa abbia attinenza col problema.
Questo non significa che non si faccia ricorso alla distruzione. Se così non fosse, se cioè la distruzione non rientrasse tra i metodi operativi dell’esistenza, saremmo proprio in cattive acque. Vi rendete conto che ogni pianta di felce che si stava sviluppando agli albori della vita, avrebbe continuato ancora a crescere, andando a sommarsi ad ogni altra pianta cresciuta da allora in avanti? Se fosse andata in questo modo, adesso sulla Terra ci ritroveremmo con piante in piena salute e ancora in crescita e probabilmente cammineremmo a qualche centinaio di metri dal suolo. La morte e la distruzione devono entrare in gioco e spianare la strada al progresso e al miglioramento. Perciò la distruzione, quando viene utilizzata in questo modo, è più che legittima.
Per fare un esempio, non potete costruire un nuovo condominio senza prima abbattere il casermone che si trova dove dovete edificare. Qualcuno arriva e dice: “Oh, questo non va bene, state distruggendo qualcosa. State distruggendo un edificio storico”.
“Signora, stiamo cercando di costruire un nuovo condominio.”
“Sì, ma questa è una vecchia casa caratteristica molto conosciuta.”
“Signora, quella casa è sul punto di crollare sulla strada.”
“Oh, non va affatto bene distruggere le cose.”
Questo atteggiamento è alquanto
In questo concetto è insita un’effettiva equazione: non si deve distruggere più di quanto sia necessario per costruire.
Se si comincia a distruggere oltre quelle che sono le necessità della costruzione, si va ben presto a finire nei guai. Ci si ritrova nelle condizioni in cui si trovava la Germania nazista. Costoro distruggevano ogni cosa e dicevano: “Adesso l’Austria, adesso la Cecoslovacchia, adesso distruggiamo Stalingrado!” Così fu e Stalingrado si trasformò in un terribile caos. E lo stesso dicasi per la Germania.
Esiste un’antica verità lapalissiana (ovvia e assolutamente evidente): “Non chiedere per chi suona la campana; suona per te”. Niente di più vero. La gente comincia a osservare la cosa e diventa superstiziosa al riguardo. Dice: “Beh, non mi azzardo a far del male a qualcun altro, perché poi ne sarei a mia volta danneggiato in un modo o nell’altro.” Questo non è necessariamente vero. Ma nell’equazione generale della vita e dell’esistenza, la distruzione intenzionale di qualcosa può turbare la sopravvivenza delle altre identità che le sono vicine; può turbare e sbilanciare le cose a tal punto che, per esempio, oggi non abbiamo più le colombe migratrici. Più di cento anni fa la gente non si fermava a pensare che un bel giorno non ne sarebbero più esistite – ovviamente, ce n’erano di tutti i tipi nei cieli di allora. Così l’uomo ha dovuto varare un grandioso programma per la protezione della selvaggina con il quale reintegrare quelle specie di animali che i suoi avi avevano distrutto. Si tratta di qualcosa che l’uomo fa istintivamente.
Quando parliamo di dinamiche, intendiamo semplicemente dire: “Quante forme di sopravvivenza esistono?”. Come sopravvive un individuo? Potreste giungere alla conclusione che l’individuo sopravviva unicamente per se stesso e che collabori solo mosso dal proprio egoismo. Oppure potreste anche ritenere che egli sopravviva unicamente a vantaggio delle generazioni future, cosa perfettamente dimostrabile. Si potrebbe anche affermare, come hanno fatto in Russia, che l’individuo sopravviva soltanto in funzione dello Stato e che non sia nient’altro che una componente di una società di formiche, un collettivista, uno che vive in un sistema dove tutta la proprietà è posseduta o controllata dallo Stato. E via di questo passo, fornendo una spiegazione ad hoc (intesa appositamente) per ciascuna dinamica. Potete prendere uno qualsiasi dei modi in cui egli sopravvive e dire che è l’unica cosa per cui sopravvive l’uomo. Ma, se lo sottoponeste a una verifica, scoprireste che vi occorrono tutte le dinamiche.
Il numero delle dinamiche equivale semplicemente al numero dei settori o delle entità con cui una persona deve collaborare per progredire.
Le soluzioni che danneggiano una dinamica a beneficio di un’altra provocano come risultato finale il caos. In ogni caso, è quasi possibile ottenere soluzioni ottimali e il pensiero umano cerca solamente, nella sua espressione più alta, di ottenere il massimo dell’ordine con il minimo di caos.
Quando un individuo si trova ad un basso livello di
Il soldato, sacrificando la vita in battaglia, sta operando sulla terza dinamica (la compagnia militare, la nazione) a scapito della sua prima dinamica, della quarta e di tutto il resto. L’individuo fervidamente votato alla religione può vivere sull’ottava, settima, quinta e quarta dinamica a scapito della prima e della sesta. La persona “egoista” può vivere solo sulla prima dinamica: uno sforzo davvero caotico.
Non c’è niente di particolarmente sbagliato nell’attribuire un’enfasi erronea a queste dinamiche, a condizione che tale enfasi non inizi a metterle seriamente in pericolo, come nel caso di Hitler o di Gengis Khan o dell’uso distruttivo della fissione atomica. A quel punto l’intera umanità inizia a rivoltarsi contro i distruttori.
La totalità della SOPRAVVIVENZA è una dinamica, l’unica dinamica. Tuttavia il sopravvivere si scompone in queste otto dinamiche.
Le capacità e i difetti delle persone si possono comprendere osservando la loro partecipazione nelle varie dinamiche.
L’equazione della soluzione ottimale sarebbe che un problema è stato ben risolto, il che significa che si è ottenuto il massimo bene per il maggior numero di dinamiche. Significa, in altri termini, che ogni soluzione, modificata dal tempo disponibile per metterla in atto, dovrebbe essere creativa o costruttiva per il maggior numero possibile di dinamiche. La soluzione ottimale per qualsiasi problema sarebbe quella soluzione che avesse ottenuto il massimo beneficio su tutte le dinamiche.
Applicando egli stesso questi principi e aiutando gli altri a comprenderli e ad applicarli, un individuo può raggiungere un maggior livello di sopravvivenza per se stesso, per coloro con cui è in relazione e, in realtà, per la vita intera.
affetto da aberrazione: una deviazione del pensiero o dal comportamento razionale. Dal latino aberrare vagare da qualcosa,dal latino ab, da ed errare vagare.
Per tono si intende lo stato emotivo di una persona, momentaneo o continuo.